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PANE CON FARINA A KM0, NASCE LA RETE
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Il progetto, avviato lo scorso anno dall’associazione dei panificatori bergamaschi, ha già coinvolto sedici aziende agricole della Bassa, Ferrandi: “Ricchezza del territorio che resta sul territorio”

Pane con farina di qualità interamente prodotta sul territorio. È l’iniziativa “Bergamo, la mia terra, il suo pane”, lanciata dall’associazione panificatori artigiani bergamaschi per valorizzare l’economia del territorio e l’agricoltura di piccola scala, riducendo al tempo stesso l’impatto ambientale e consentendo un controllo totale sulle materie prime.
E il pane a filiera corta convince: sono già sedici le aziende agricole della Bassa che hanno dato la loro adesione al progetto. Ne è nata così una rete che abbraccia tutti gli attori del ciclo del pane, dai coltivatori di frumento, ai mulini, fino ai panificatori stessi.
Pioniere dell’iniziativa nella Bassa è Massimo Ferrandi, erede dello storico forno di via dei Mille, fondato dal padre Stefano nel ’73, che ancora “soprintende” all’opera.
“Il pane a filiera corta è una ricchezza del territorio che resta sul territorio – ha spiegato il fornaio – I vantaggi sono molteplici: al cliente la garanzia di un prodotto di qualità preparato con materie prime coltivate secondo un preciso disciplinare controllato. In particolare si tratta di farina di tipo 1, meno raffinata e derivante da grani di qualità, con un contenuto di fibre e di Sali più alto, che noi utilizziamo per tutti i nostri prodotti da forno, dal pane, alla pasticceria, alla croissanteria, ai salati. Al panificatore il vantaggio di recuperare e valorizzare al massimo il legame di prossimità con territorio offrendo la propria professionalità come valore aggiunto in grado di fare la differenza rispetto alla produzione industriale delle grandi catene di vendita. Infine al coltivatore la possibilità di avere un controllo sulla materia prima sottraendolo alle multinazionali. Il frumento attualmente è importato soprattutto da Russia, Canada e Argentina: il trasporto e la conservazione per mesi incidono notevolmente sulla qualità e sul costo delle materie prime. Accorciando la filiera è possibile abbattere i costi di produzione controllando al tempo stesso la qualità del prodotto. Addirittura i coltivatori che aderiscono alla rete fissano il prezzo del grano alla semina”.
“Non si tratta di autarchia, ma di un circuito virtuoso che valorizza la produzione locale di qualità incentivando l’intero ciclo produttivo - ha tenuto a sottolineare Ferrandi – Fissare il prezzo del grano, mettersi in gioco con disciplinari di produzione e controlli severi non significa tirare avanti coni i sussidi, ma offrire una produzione di qualità certificata”.
Oltre che alla salute di chi lo mangia e alla professionalità di chi lo produce il pane a chilometri zero fa del bene all’ambiente e alla solidarietà.
“Un centesimo per chilo di farina acquistata viene destinato al Cesvi per le iniziative di sviluppo svolte nei paesi del Terzo mondo – ha continuato Ferrandi – Inoltre limitare i trasporti significa abbattere in maniera significativa l’impatto ambientale che ne deriva”.


IL COLTIVATORE – NEL 2013 SI PREVEDE UN RACCOLTO DI 36MILA QUINTALI

PIÙ QUALITÀ E PIÙ VALORE AL NOSTRO GRANO

Diciannovemila quintali prodotti nel 2012, destinati a salire a trentasettemila nel 2013, per 28 euro al quintale contro i 22 del prezzo corrente, sedici aziende della Bassa coinvolte e altre pronte a entrare in gioco.
Una rete di qualità. Una rete nata per scherzo.
“Tutto è iniziato con una provocazone – ha raccontato Elio Turani, titolare con il fratello Flavio dell’omonima azienda agricola, che ha sede al confine fra Pontirolo e il Cerreto, sui terreni presi in affitto dagli Istituti educativi di Bergamo, la prima che nel 2010 ha creduto nel pane a chilometri zero – Una sera ho sentito il presidente di Aspam – Roberto Capello che in Tv lanciava ai coltivatori bergamaschi l’invito a produrre grano locale, dal momento che tutto il grano usato nella panificazione proveniva dall’estero. L’ho contattato e mi sono messo a disposizione. La prima semina è stata effettuata nell’autunno del 2010: grano di varietà “Bologna” su un campo di dieci ettari: il primo raccolto è stato di 370 quintali circa, ma la qualità è risultata al top. L’anno dopo ha aderito altre aziende e il raccolto, nel 2012, è stato di 19mila quintali. A settembre 2012 è stato stilato con Aspam un disciplinare che fissa le tecniche e i requisiti del grano bergamasco e quest’anno ci aspettiamo un raccolto di 36-37mila quintali. I vantaggi? Il prestigio di portare sulla tavola della nostra gente il nosgtro prodotto di qualità, il nostro grano richiede più attenzioni, ma vale anche qualcosa in più”.

(RIF: Giornale di Treviglio 5 aprile 2013)

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