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nell’Agroalimentare

 

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L’introduzione del mais in Europa è attribuita a Cristoforo Colombo, che ricevette i semi dalle popolazioni indigene di Cuba e li portò in Europa nel 1493, di ritorno dal suo primo viaggio nel Nuovo Continente. Appartiene alla famiglia botanica delle Graminacee (Zea mays L.) ed economicamente alla classe dei cereali. Le sue origini sono molte antiche ed incerte, infatti non si conosce allo stato di pianta spontanea. Colombo osservò estese colture nelle Indie occidentali e le successive esplorazioni nel XVI e XVII secolo rilevarono la presenza del mais in America meridionale (nell’area corrispondente all’attuale Cile ed Argentina) e settentrionale (a sud della regione dei Grandi Laghi), ma per alcuni studiosi la patria d’origine sarebbe l’America centrale (Messico). I mercanti lo portarono dalla Spagna all’Italia ed in seguito in altri paesi europei. Inizialmente veniva coltivato a scopo di studio in orti e giardini di appassionati botanici, ma la prima regione italiana a coltivarlo in campi veri e proprio fu il Veneto, dove venne introdotto prima del 1550. Il germoplasma di mais reperibile in Italia è uno dei più ampi, sia per apporti originali, sia per differenziazione locale di forme. La rilevante partecipazione di Italiani alle prime spedizioni di scoperta delle Americhe, i legami storici che unirono gran parte delle regioni italiane con i Regni di Spagna nel periodo della scoperta e della conquista, ed infine il ruolo predominante svolto dalle flotte commerciali italiane nel traffici del bacino mediterraneo, favorirono la comparsa del mais in Italia e l’introduzione di molte forme, spesso direttamente dal Nuovo Mondo. Dal Veneto, il mais si diffuse in Friuli, dove la sua presenza è documentata dal 1580, quindi nel bergamasco, all’epoca sotto il dominio di Venezia (città in cui è sicuramente commerciato dal 1632). A Milano, una grida del 1649 dispone l’apertura del mercato alla vendita del mais per contrastare la penuria di altri grani. Le innumerevoli situazioni pedoclimatiche presenti sul territorio e le diverse modalità di coltura hanno poi dato origine ad un alto numero di varietà locali, che sono bruscamente diminuite (ed, in alcuni casi, scomparse) a partire dagli anni Cinquanta con l’introduzione degli ibridi.
Nel 1938 si dice “Dopo il frumento, il Granoturco o Mais è – in Italia – il secondo prodotto, mentre occupa il terzo posto nella produzione mondiale dei cereali. La coltivazione era molto diffusa sul territorio, praticamente in tutte le regioni: “non vi è regione o provincia nostra ove esso non sia, in grado maggiore o minore, coltivato.
In alcune zone, l’utilizzo del mais già in passato era principalmente rivolto alla zootecnia. “Più comunemente e più estesamente, il mais si impiega nell’alimentazione del bestiame, sia come prodotto verde o insilato, sia sotto forma di granelli secchi oppure ammollati o ridotti in farina. Nell’alimentazione umana, il mais ha minimo impiego, localizzato, per lo più, in alcune zone della sua vasta area di coltura. Ad esempio, in Italia, i granelli delle varietà a cariossidi prevalentemente cristalline sono trasformati in farina con la quale si fa la polenta (specie nel settentrione), mentre negli Stati Uniti,dopo aver subito qualche trattamento preliminare, sono utilizzati integri.
Altri testi invece mettono in evidenza il ruolo che il mais aveva nell’alimentazione quotidiana. “Il granturco ridotto in farina serve all’alimentazione umana che, in alcune regioni, è quasi esclusivamente basata su di esso. Le farine hanno, naturalmente, il colore dei chicchi: gialla, se gialli; bianca, se bianchi. Dal sistema di macinazione adottato si hanno varii generi di farine. Così, separando il germe, mediante setacciatura, si ottiene una farina granulosa simile ad un semolino più o meno fino cui si dà il nome di Granito o Farina bramata. In questo caso la macinazione non dev’esser molto fine. Se invece le macine od i cilindri sono molto accostati fra loro, si ottiene un prodotto molto più fino che, vagliato – per separarlo dalla crusca – è chiamato Macinafatto abburattato.
Il rendimento in farina del granturco non determinato è dall’80 al 90 %.
(…) Il difetto principale della farina di Mais è quello di mancare di vitamine e quindi una persistente alimentazione con questo cereale, produce una grave malattia chiamata Pellagra. Con sola farina di mais non può farsi del pane in quanto non è agglutinativa e perché non lievita.